In questi anni ci siamo chiesti cosa occorra mettere in campo oggi per incidere realmente sul contesto che abitiamo, per dilatare gli effetti del Festival dei matti che giungerà a NOVEMBRE alla sua undicesima edizione
Confrontandoci con la cittadinanza, ci siamo chiesti come colmare il divario tra quello che diciamo e ripensiamo insieme e che ha bisogno di trasformarsi in riflessioni approfondite e strutturate, e quello che mettiamo realmente in atto per compensare lo scarto tra le vite di chi attraversa un’esperienza di sofferenza mentale e chi ci gira intorno ben sapendo di non poterne essere immune eppure avendo gli strumenti e le risorse per non esserne mai completamente preda.
Il prossimo obiettivo sarà quello di attivare uno spazio di sapere partecipato, di ricerca, formazione e sperimentazione i cui protagonisti, anziché proteggere la propria “differenza” ( che poi si traduce in fatica e solitudine) mettano in comune quello che sanno e le esperienze di cui sono portatori, li scambino e li facciano reagire, costruendo relazioni tenute da un vero interesse di convivenza.
Il podcast che presentiamo va in questa direzione e abbiamo creato un prodotto indirizzato a cittadini, tecnici e non, artisti e non artisti, giovani e vecchi dal titolo LEGATI.
Come riporta il giovane autore e ideatore Furio Visentin “Legati è il dualismo che parla sia dell’orribile pratica della contenzione ma anche dei rapporti tra le persone, come migliorarci e riportare il discorso della salute mentale ad essere centrale nella nostra società e nelle nostre vite.”
Sempre Visentin racconta che “L’idea del podcast nasce a seguito della morte di Elena Casetto, una diciannovenne morta nell’incendio del reparto psichiatrico a Bergamo nel 2019, ma impossibilitata a fuggire perché legata al suo letto, a seguito di un tentativo di suicidio e si sviluppa dopo un intervista telefonica sentita alla radio, dove uno psichiatra basagliano, Peppe dell’Acqua, si domandava in maniera esasperata e quasi retorica perché si fosse preferito legare la persona, anziché parlarci e capire i motivi dei suoi gesti estremi, o perché ancora oggi le psichiatrie di tutto il mondo pensano che sia la malattia l’oggetto del loro lavoro e non la persona, con la sua soggettività.
Il lavoro di una durata complessiva di 100 minuti suddivisi in 5 puntate attraverso a interviste a persone che hanno sofferto e attraversato la malattia mentale operatori e persone comuni ci accompagna ad un nuovo impegno per affrontare un nuovo viaggio in questa nostra “ condizione umana che è la follia” .
I curatori de Il Festival dei matti