Si è conclusa sabato 15 febbraio con la rassegna Su il Sipario la nona edizione del concorso per monologhi teatrali inediti di Acli Arte e Spettacolo.
Il giudizio del pubblico, presente durante le varie serate in cui si sono esibiti i finalisti, unitamente a quello della giuria selezionatrice, ha decretato vincitrice Elisabetta Mauti con il testo “Piselli in scatola” interpretato dalla stessa autrice.
Un ironico racconto, con sfumature favolistiche, capace di far riflettere su un tema importante come quello della terza età e l’autodeterminazione.
La Direzione artistica del Concorso vuole inoltre esprimere una particolare menzione all’interpretazione di Maria Lomurno per “Salsa di Soia”.




Alcune immagini dalla cerimonia di premiazione con Anna – Rita Di Muro, Elisabetta Mauti e Gianluca Meis
Elisabetta Maùti
Appassionata di favole fin bambina, ho conseguito una laurea in lingue e letterature straniere moderne e una in psicologia. Ma è quando sono nate le figlie ha davvero capito che le favole non sono solo divertenti, ma rappresentano lo strumento migliore per comunicare con i bambini.
Il suo primo libro, Una fiaba per ogni perché, pubblicato nel 2006, è una raccolta di 10 favole che permettono di parlare con i bambini utilizzando come personaggi gli oggetti della vita quotidiana; parlando di bottoni o di posate è possibile affrontare la paura del buio, la separazione dalla mamma che deve andare al lavoro o la necessità di dormire nel proprio letto. Oggi ha oltre 20 volumi pubblicati in Italia e alcuni tradotti e commercializzati all’estero.
Il passaggio dalla scrittura di favole alla scrittura per il teatro – come racconta lei stessa – è stato facile e immediato, perché si tratta di mondi confinanti, dove la leggerezza e un pizzico di assurdo convivono bene.
Quando poi ha iniziato a scrivere favole per i grandi ha aperto DILLOCON1FIABA, una piccola agenzia di comunicazione che parla ai grandi, usando il linguaggio delle favole, con la quale racconta storie a pubblici di tutte le età.
PISELLI IN SCATOLA
L’abbiamo portato alla residenza per anziani Prato Fiorito 6 mesi fa.
Alberto, mio marito, ci pensava da tempo. Il padre resisteva, ma a un certo punto in casa da solo non ci poteva più stare: ha incendiato il pentolino del latte,
ha bucato la parete del vicino col trapano, è rimasto chiuso in balcone. Nell’ultimo periodo i condomini ci chiamavano in media una volta alla settimana: il portone lasciato aperto,
la raccolta differenziata: la carta nella plastica e la plastica nell’umido; il torrente che scende dal balcone quando innaffia.
Lo amavano solo quelli di Tecnocasa con cui passava ore.
Prato Fiorito non sarà proprio un posto di lusso, ma è accettabile.
È vero c’è l’odore degli ospedali e il menù non somiglia a quello di uno stellato, ma bisogna anche sapersi accontentare.
E poi quella maledetta telefonata. “Abbiamo un problema con suo padre.” Non è mio padre.. è mio suocero..
La direttrice non è interessata al grado di parentela.
Ma che succede, chiedo: ha litigato con qualcuno? Disturba?
“Non lo troviamo più!”
In che senso?
Chiamo Alberto: si sono persi papà.
“Eh no,” fa lui: “lo devono trovare!”
Nel pomeriggio ci presentiamo: Alberto minaccia la denuncia, scandalo sui giornali.
La direttrice impassibile, ci allunga un foglio firmato in calce da Alberto, con cui li solleva da qualunque responsabilità.
Ma quando l’hai firmato?
Non sa: sarà stato in mezzo alle carte, non ci ha fatto caso.
Ci consegnano una valigia coi suoi effetti personali e ci informano che il letto è già occupato da un altro ospite, molto più educato di papà.
“Bisogna trovarlo,” mi dice Alberto. “Ma io ho una call fra 16 minuti. Ci pensi tu?” Mi bacia frettoloso e corre via.
Prendo la valigia che sembra riempita col piombo e mi aggiro per il quartiere: piccoli bar, negozi a una vetrina. Ha mica visto un signore, capelli bianchi?
La sera arrivo a casa distrutta. Niente, dico ad Alberto. “Domani vado alla polizia!”
Quella notte non dormo: lo immagino vagare per la campagna senza sapere chi è; forse lo hanno preso i commercianti di organi.
E se mettessimo una taglia, come per i gatti?
Alberto mi fulmina con lo sguardo.
Quando apro la valigia per mettere a lavare le sue cose, la trovo piena di scatolette di piselli dell’ALDI. E improvvisamente capisco perché pesava tanto.
PISELLI? E chi se li mangia??
Mi viene l’idea di riportarli al negozio: magari riesco a farmeli rimborsare.
Il direttore del supermercato però è irremovibile: signora cara, senza scontrino niente da fare. Lunghe corsie deserte si aprono davanti a me. In quella delle conserve vedo un bambino seduto per terra.
Mi accuccio vicino a lui; ascolta attento la favola di Pollicino da una voce che proviene dall’ultimo scaffale.
Una voce familiare.
Papà? Sei tu?
Mio suocero è sdraiato, nascosto dietro una lunga fila di scatole di fagioli bianchi.
Che fai qui? Torna a casa.
“Neanche morto,” fa lui.
Il bambino mi tira la manica: vuol sentire il seguito della favola. “Allontanati! Vai via. Vuoi mica farmi beccare?”
Mi alzo. Finalmente, quando la mamma riprende il suo bambino e lo infila nel carrello tra l’insalata e le banane, torno alla carica.
Non puoi stare qui, te ne rendi conto? La polizia ti sta cercando.
Non è preoccupato. Il negozio è pieno di gente: quasi tuti vecchi scappati da Prato Fiorito. Se ne stanno nascosti fino alle 8, quando il supermercato chiude; poi si alzano, si sgranchiscono, fanno due parole. Il suo vicino, nella corsia del cibo per cani, è un direttore di banca in pensione. Dopo di lui c’è una pittrice.
Ma come vivete? Cosa mangiate?
Lui alza gli occhi al cielo: l’unica cosa che non manca qui è proprio la roba da mangiare. “Non sono mai stato così felice. Fammi un regalo: vai via e soprattutto non dire niente ad Alberto. Quello mi riporta a Prato Fiorito.”
Da un certo punto di vista lo capisco: alla sua età ha il diritto di fare quello che desidera ma Alberto non si da pace.
Ha cominciato a soffrire di insonnia.
E io mi sento in mezzo tra questi due uomini: aiutare uno, significa ferire l’altro. Così mi è venuta un’idea.
C’è una sorpresa per te, dico una sera ad Alberto, quando rientra dall’ufficio.
Lui mi raggiunge in cucina e la vede subito: una vecchia cartolina di Rio de Janeiro su cui ho scritto con una grafia incerta e tremolante:
STO BENE,
NON PENSATE A ME, LASCIATEMI VIVERE LA MIA VITA! PAPA’
Alberto si accascia sul divano.
Sta bene, dico: smetti di preoccuparti.
Lui annuisce: finalmente – dopo tanti mesi di tensione, mi sorride sollevato.
E poi l’immancabile. “Che c’è per cena?”
Allora: bruschette con salsa di piselli! Riso prosciutto e piselli
Pollo ai piselli e
Crostata piselli e cioccolata
(Il testo del monologo è pubblicato per gentile concessione dell’autrice. Tutti i diretti sono riservati)
Elisabetta sei favolosa…. Ho lavorato con te e già allora eri favolosa ma ora lo sei molto molto di più.
WOW!